MARCELLINA SUOR MARGHERITA

Come abbiamo conosciuto Mirella? Fin dal tempo della prima operazione a Lecce, Mirella era convinta che, vedendo il Signore Crocifisso, questi le aveva detto una parola: “Marcellina” ma lei non riusciva a capire che cosa significasse.

Nel maggio dell’ 82, parlando con un giovane ottimo, Gigi Mauro, che si era impegnato di andare da lei quasi tutti i giorni per leggerle il Vangelo, seppe che erano le Suore di S. Marcellina e che erano proprio quelle dell’Ospedale di Tricase. Alla fine di un ritiro missionario per giovani al Santuario della Madonna di Leuca, il padre predicatore invitò Suor Margherita ad andare con lui per visitare una “ragazzina” molto malata. Avrebbero pregato insieme. Mirella quando sentì che c’era nella stanza anche una suora Marcellina disse: “L’aspettavo”. Suor Margherita tornò.
Si formò tra noi un rapporto di vera amicizia. Ogni tanto andavamo da lei, nella sua casetta modesta, pulitissima, eravamo accolte dalla mamma tutta dedicata alla figlia, dal padre, che ci raccontava tante cose di lei e la ragazza, nel suo letto di dolore, ci parlava, pregava come un angelo.

In quegli anni, quando il male si faceva meno forte, sempre sorretta, a volte prendeva parte a raduni di giovani, dove non mancava di fare la sua testimonianza di fede e di fiducia nel Signore. Ogni tanto il padre l’accompagnava da noi o all’oasi ed anche al mare. Era una gran festa per Mirella!
Le parlavamo della nostra vita di Marcelline, del Fondatore, della Beata Marianna e lei si sentiva tanto legata a noi, alle Reverende Madri, che conobbe quando, venendo a Tricase, a volte trovavano il tempo per farle una visitina. Così un grande, devoto affetto la legava alle Madri, alle loro intenzioni. Quando le era possibile, telefonava loro felice di ricevere parole di incoraggiamento e di tanto vero affetto.
Che gioia era per lei ricevere le cartoline che le spedivano dall’estero! Ce lo comunicava felice. Ricambiava tanta bontà con le sue ardenti preghiere specialmente nelle notti, sempre insonni.
Le comunicavamo le notizie più importanti della Congregazione, i nostri crucci, le nostre speranze e le dicevamo invariabilmente “Prega, Mirella”, “Certo, certo” rispondeva e nelle notti insonni anche insieme alla mamma sempre accanto a lei, e nelle giornate in cui tante persone si avvicinavano al suo lettuccio, telefonavano da lontano per chiederle preghiere, non ci dimenticava mai: era il suo modo di unirsi a noi e di efficacemente collaborare con noi.
Con un “miracolo” di buona volontà e di dedizione da parte nostra, riuscimmo a condurla con noi a Lourdes nel pellegrinaggio Marcellino dell’anno 1985. Accompagnata, anzi sempre sorretta, non vedente, tanto sofferente, fu felice di incontrare la Madonna, ebbe anche il coraggio di prendere parte ad una delle processioni ed è ritratta in una foto in terza fila vicino a Suor Emilia, suo angelo protettore. Uno dei primi giorni, la suora che la sorreggeva si accorse che la ragazza tremava dal freddo, aveva le mani gelide e le labbra paonazze. “Ma Mirella, hai freddo!”. Si schermì debolmente; voleva soffrire in silenzio. Si corse subito ai ripari con un caldo cappottino di lana dei Pirenei. Ci ringraziò con effusione.

 

Qualcuno ricorda ancora l’intensa commozione che suscitò nell’assemblea con una sua testimonianza durante la Celebrazione Eucaristica a chiusura del pellegrinaggio. Nel viaggio di ritorno, ci fu per noi, anche una visita a Cernusco. La nostra Madonna, la culla dell’Istituto, il Fondatore…tutto la colmò di gioia.
Amava davvero il Fondatore e nei suoi piccoli brani vi è uno, incompleto, in cui cerca di riflettere sull’opera educativa di Mons. Biraghi a vantaggio della donna.

E se il sogno di diventare Suora Marcellina con il tempo si dileguò, si sentì sempre più legata a noi: fu tanto felice, quando alcuni anni dopo, forse nel 1990, le parlammo del futuro Movimento dei laici Marcellini. Si considerò una delle piccole prime pietre del nuovo gruppo. Vi pensava tanto e già pregava per i futuri fratelli e sorelle laici Marcellini.
Di anno in anno le sofferenze si facevano sempre più intense fino ad invadere il suo fisico ormai quasi paralizzato, ma la sua anima raggiungeva vette stupende di contemplazione. Qualche sprazzo del suo intimo si può trovare in certi scritti che dettava alla mamma, alle sue nipotine, ma tutto il resto è, e forse sarà per sempre, “il segreto del Re”. 
Sentiva acuto il bisogno di una guida spirituale a cui aprire l’animo e comunicare ciò che avveniva in lei. Fu solo nel 1982 che le facemmo conoscere un ottimo Sacerdote di Bologna venuto da noi per gli Esercizi Spirituali alla Comunità: Don Carlo M. Egli si prese tanto a cuore Mirella e la seguì molto, però…a distanza. Per tanti anni fu compresa, confortata anche se la presenza del Padre a Taurisano si riduceva pressappoco ad una volta all’anno. La teneva vicino di quando in quando con telefonate che si fecero un po’ più frequenti quando, in questi ultimi tempi, si rese conto che la malattia di Mirella si faceva sempre più grave. Quindici giorni prima che lei morisse la confortò ancora.

Amava intensamente Gesù e Gesù Crocifisso al quale voleva aderire con tutta se stessa, l’Eterno Padre di cui intuiva la infinita bontà e condiscendenza. “Quanto è buono, buono il Padre!” mi diceva. Lo Spirito Santo era il suo sostegno perenne ed anche otteneva da lui dei doni speciali, come quel giorno in cui, chiamata al telefono dalla Spagna, parlò in spagnolo ad un’anima tanto afflitta.
E la Madonna? Quanto l’amava! Se la teneva sempre accanto pregando. Tra i piccoli brani dettati, sono numerosi quelli dedicati alla Madonna.
E amava i Santi; per Padre Pio aveva un’ autentica amicizia. Una volta mi disse, tempo fa, avendo passato tutta la notte in lacrime perché il mattino nessuno le avrebbe portato la S. Comunione, vide accanto a sé Padre Pio con una particola in mano e… “te lo porto io il Signore!..” le disse e la comunicò.
La sua vita di unione con Dio raggiungeva tutto il mondo: peccatori, sofferenti e anche le anime del Purgatorio: “Voglio soffrire per le anime del Purgatorio!” la udii esclamare in un momento di sofferenza.
Dal suo lettino sempre svolgeva un intenso apostolato. Quanti la cercavano per parlarle, chiedere preghiere, consigli, aiuto, conforto! Quante e quante telefonate da lontano di anime in pena! “Sì prego, prego..” assicurava con il tono di chi dice la verità, perché le sue notti erano una preghiera continua per tutti ed una offerta costante intensissima di amore al Signore. Non furono poche le persone che si sentirono in dovere di ringraziarla perché avevano ottenuto l’aiuto invocato.
Aveva raccolto un gruppo di persone che fedelmente recitavano il S. Rosario con lei. Quando pregava, pronunciava le parole con tanta intensa, affettuosa dolcezza che sembrava parlasse davvero con Gesù o con la Madonna! Però le preghiere erano per gli altri, non per lei e per i suoi. 
Infatti un giorno si abbatté un nuovo dolore sulla famiglia. I periti del Comune, dopo un’accurata ispezione, dichiararono che la loro casa era inagibile e perciò dovevano sgomberarla al più presto e farla demolire. Fu una sofferenza immensa per tutti e ancor più per Mirella, che doveva lasciare per sempre la sua casa dove, almeno con il ricordo, poteva rivedere ogni angolo e adattarsi all’ambiente preparatole con tanto amore da uno dei fratelli, ma sconosciuto per lei, non vendente. Quanto supplicò il Signore chiedendo che forse allontanato l’amaro calice! Comprese a poco a poco che la volontà di Dio era quella e l’accettò piangendo. Non le aveva detto ripetutamente il Signore “Ho bisogno della tua sofferenza per l’umanità che ha bisogno di essere riscattata!”
Passarono altri anni sempre più impreziositi dalla sua costante offerta per le anime.
Un ulteriore aggravarsi del male la sottopose a ripetuti esami clinici anche nel nostro ospedale. Ai dolori agli arti, alle piaghe di decubito, ai sempre più intensi dolori alla testa, si aggiunsero, insopportabili, quelli dei denti e quelli di due ulcere alla bocca.

Infine, nonostante le troppo precarie condizioni di salute, dopo tanto temporeggiare, il chirurgo che l’aveva già operata nel ’79, meravigliato che fosse ancora in vita, si decise di intervenire con una nuova operazione alla testa. Come sempre, Mirella accettò, anzi, amò la crocifiggente volontà del Signore. Ai primi di settembre del ’97 fu ricoverata a Lecce, nell’Ospedale “Vito Fazzi” nel reparto di neurologia. Subì il difficile intervento alla testa e, contemporaneamente, l’estrazione di sei denti e un’ operazione per le ulcere alla lingua. Dopo tanto dolore, il risultato fu quasi nullo. Fu trattenuta quasi più di un mese nell’ospedale. 
Al momento della dimissione il suo aspetto era già cambiato. Passarono alcune settimane di cure mediche intensissime. Si trasformò. Non più il suo visetto affilato dai grandi occhi scuri che, pur non vedendo volgeva accanto a chi le parlava, non più i folti capelli neri caduti sotto l’azione della chemioterapia, ma un viso tutto tumefatto, una voce che, per la bocca operata, trovava grande difficoltà nella parola. Il viso non era più il suo, ma la sua anima indomita aveva parole di amore per il Signore, di conforto, di bontà per tutti quelli che si avvicinavano a lei e ammiravano la sua straordinaria fortezza d’animo.
Occorsero poi altri controlli medici e nel ’98 fu portata all’Ospedale Sollievo della sofferenza di San Giovanni Rotondo, dove però i sanitari non poterono fare altro che confermare le diagnosi precedenti. Mirella, però, fu confortata per aver potuto, nella sua carrozzella guidata da un padre del Convento, passare molto tempo in preghiera intensa vicino alla tomba di Padre Pio.
A casa, anche se i dolori erano ormai diffusi su tutto il corpo, continuò nella vita di intensa preghiera e di apostolato verso tutti, ma il parlare le costava molto. Nell’estate scorsa la febbre si fece continua e forte: ancora visite mediche, controlli, tutto si dimostrava inutile, e lei continuava nella sua dolcezza e nel suo amore verso Gesù. Si tentò di ricoverarla nuovamente da noi il 27 settembre. Stava molto male, ma noi speravano che, come altre volte, si riprendesse.
Cosciente, rispondeva molto a stento. Quattro giorni dopo cadde in un coma irreversibile. La mattina del 4 ottobre si spense con tanta pace “come un uccellino”, disse il medico che l’assisteva.
Ricordando il suo struggente desiderio di essere Marcellina, la Madre Paola ci disse di rivestirla con l’abito bianco delle Suore ospedaliere. Così ce la sentimmo ancora più “nostra”.

Al paese i funerali solennissimi. Quanta gente! Tutti volevano salutare la cara Mirella. Tanti avevano qualcosa di santo da ricordare di lei. Molti i sacerdoti. Fu portata al cimitero scortata da venti ragazze vestite di bianco con rose bianche tra le mani simbolo dei suoi vent’ anni di malattia. Si chiudevano così i suoi anni di malattia, di immolazione, di infuocato amore per Gesù. Ora in Cielo si ricorda di noi e certamente prega, prega per tutti.
“Dio manifesta agli uomini il suo volto nella vita di quelli che più perfettamente si trasformano nell’immagine di Lui”.